Anche il cavallo, come noi esseri umani, soffre dei suoi malesseri più o meno gravi ed è anch’egli, purtroppo, vittima dello stress.
Ma non solo, anche il corrispettivo del nostro “mal d’auto” esiste nel mondo equino definito però “mal di viaggio”. Il cavallo soffre parecchio di claustrofobia, soprattutto durante un lungo percorso per una trasferta (o altro) che, insieme allo stress e al mal di viaggio possono far innervosire l’animale e farlo comportare in modo strano come se fosse impazzito improvvisamente.
In tutto il tempo che il cavallo ha vissuto a stretto contatto con l’uomo, tutti abbiamo notato il suo forte spirito di adattamento a tutti i cambiamenti. Paradossalmente ci fa capire quanto si sia reso conto che per vivere è giusto “lavorare” e, grazie alle sue prestazioni e alla sua forza fisica si merita vitto, alloggio, cure, attenzioni e tanto amore!
Non sempre però riesce a sopportare di essere sottomesso, ma questo accade quando le condizioni in cui è costretto a vivere non sono propriamente adeguate al suo benestare. In questo caso si dimostrerà contrariato e rigetterà tutto ciò che non gli va a genio. Il cavallo è un animale molto intelligente e saprà esattamente quando c’è qualcosa che non va ed è il momento che lui reagisca.
In questo caso si può dire che uno dei momenti in cui non sta benissimo sono i viaggi. Durante un tragitto medio-lungo, il cavallo viene trasportato in apposito box o van. In questi momenti, il corpo del cavallo subisce delle “variazioni errato-enzimatiche”, che si avvicinano sostanzialmente a quello che sentono dopo un duro lavoro.
Queste sensazioni possono durare addirittura per due o tre giorni. In base a questi atteggiamenti del cavallo, alcuni professionisti nel settore consigliano di viaggiare almeno un giorno prima dell’impegno sportivo a cui ci si sta dirigendo oppure di più in base all’importanza e al livello di difficoltà di esso. Inoltre è utile preparare il cavallo al viaggio sottoponendolo ad una alimentazione ricca di vitamine e di sali minerali, evitando così di somministrare all’esemplare dei calmanti. Anche nel caso in cui si debba trasportare una fattrice dopo la monta, è consigliabile prendere in anticipo le dovute precauzioni, consultando un professionista che spiegherà quali sono i rischi in queste situazione.
Non ci sono effetti negativi particolari dovuti allo specifico mezzo con cui si trasportano i cavalli, a parte particolari eccezioni legati all’avversione dell’animale verso alcuni di essi come, ad esempio, l’aereo. Ci sono molti esemplari famosi che hanno avuto queste difficoltà, tanto da istigare i padroni ad inventarsi vari stratagemmi. Ad esempio, una delle soluzioni più azzeccate è stata quella di far salire prima di loro un altro cavallo che faccia da “accompagnatore”, così che i più timorosi si facessero coraggio e salissero a bordo senza problemi. Anche i viaggi in nave hanno le loro problematiche.
Per affrontare un viaggio, il cavallo ha bisogno di un artiere che lo segua e che tenga, la zona in cui soggiorna l’animale, pulita e sicura. Inoltre è utile tenere, finché è possibile, sotto controllo la temperatura dell’ambiente in cui viaggia il cavallo perché in caso l’esemplare soffra di sudorazione od iperventilazione potrebbe ritrovarsi con delle bruttissime coliche oppure ad avere difficoltà a respirare.
Quindi, da quanto abbiamo appurato durante numerosi osservazioni, si può dire che il cavallo, durante un viaggio, è stressato. A volte anche troppo, “dirigendosi” direttamente alla morte. È successo in passato che, durante un tragitto dall’Uruguay a Bari, circa 70 cavalli sono deceduti durante il viaggio. Si raccontò che si trattò di “stress da viaggio”, che non sarebbe un motivo tanto lontano dalla realtà visto che il viaggio è stato molto lungo. In realtà la Lega Antivivisezionista chiese di riaprire le indagini supponendo che le reali causali fossero altre.
Purtroppo accade anche che spesso questi poveri animali vengono messi in un van e poi, mantenendo lo stesso ambiente, vengono trasferiti sui traghetti che diventano delle sottospecie di scatole chiuse in cui è impossibile che il cavallo continui a viverci per molto e finisce per stare male. Anche se il van ha un sistema di areazione, l’aria che vi entra non è abbastanza quando viene messo in un luogo chiuso come un traghetto. Quindi non è solo lo stress che può uccidere un cavallo, ma anche tutte le altre conseguenze negative relative in base alle cattive condizioni di trasporto.
Il cavallo potrebbe anche non voler entrare nel van e quindi verrà convinto e c’è qualcuno che lo fa con prepotenza. In genere un uomo lo spinge da dietro e un altro lo tira da davanti. Spesso l’animale viene anche bendato, è un metodo un po’ meschino ma viene usato comunque ed è molto soddisfacente.
Non solo il vivere in un van è tragico per un cavallo ma anche il box nella stalla non è sempre un luogo apprezzatissimo dall’animale. Anche perché dev’essere costruito in base alle misure dell’esemplare e spesso non è così. Proprio per questi motivi succede che si presentino i cosiddetti vizi “redibitori”, che portano alla conseguente recessione dal contratto di compravendita. Si parla di “ballo dell’orso”, del “ticchio aerofagico” e quello “d’appoggio”.
Quando si parla del “ballo dell’orso” s’intende quell’atteggiamento in cui il cavallo tende ad oscillare la testa ripetutamente ed il peso si trasferisce sugli arti anteriori, un po’ a destra e un po’ a sinistra. I cavalli colpiti da questi atteggiamenti sono in genere quelli leggeri di corporatura che, non essendo efficienti (nelle prestazioni sportive e non) come gli altri, rimangono chiusi nel box per molto tempo senza fare niente. Come può succedere in un essere umano che non lavora e non fa nulla dalla mattina alla sera, il cavallo diventerà irrequieto, agitato e, qualche volta, anche aggressivo. Inoltre, i piccoli che vivono vicino a lui, tenderanno ad emulare le sue azioni, così la situazione nei box sarà ancora più difficoltosa per addetti e allenatori.
Quando si parla di “ticchio d’appoggio”, ci si riferisce all’abitudine cha ha l’animale di mordicchiare tutto ciò che trova nella sua postazione. In genere predilige per la bacinella da cui mangia ma, purtroppo, potrebbe anche mordicchiarsi il suo stesso ginocchio oppure un’altra parte della sua zampa. Sarà possibile notare questo atteggiamento dallo strano suono che verrà emesso dal cavallo che respirerà diversamente per colpa della posizione che prenderà per mordersi. Per quanto riguarda l’ “aerofagico” la situazione è abbastanza analoga alla vicenda del suono, con l’unica differenza che il cavallo non mordicchierà niente.
Come noi, l’animale sarà stressato dopo un compito che ha dovuto svolgere obbligatoriamente. Spesso i cavalli lo dimostrano in modo abbastanza comprensibile. È capitato ad un famoso allenatore che, uno dei suoi cavalli, ogni giorno , mentre veniva visitato dal medico, l’esemplare cominciava a sudare e ad agitarsi. Alla fine, il professionista capì che il cavallo si agitava perché sentiva la voce del suo allenatore. Da quello arrivava a pensare alle prestazioni nelle gare ed agli allenamenti e non essendo ancora in forma dopo gli sforzi precedenti si agitava. La riprova fu quando l’uomo si avvicinò al box durante la visita di routine e non aprì bocca: il cavallo era tranquillo e non sudava.
Il cavallo, che ripeto è un animale estremamente intelligente, può anche soffrire di stress conseguentemente ai suoi pensieri ed ai suoi dubbi riguardo le cose che deve o non deve fare se vuole evitare di essere punito dal suo allenatore e/o padrone. Ecco perché è giusto che un cavaliere sia esperto anche in quanto a comandi in modo che il cavallo possa comprendere e agire senza rischiare di essere punito ingiustamente.
C’è sempre da ricordarsi che ogni cavallo ha un carattere tutto suo proprio come noi e, in ogni nostra azione che lo riguarda, dobbiamo sempre prendere le dovute precauzioni e pensare bene prima di fare qualsiasi cosa. Solo così la convivenza sarà perfetta e l’esemplare starà bene con chi gli sta intorno.