L’industria ha scalzato i veterinari in fatto di nutrizione: le informazione che riceviamo sull’argomento sono spesso condizionate dagli interessi delle grandi case di produzione.
La qualità dello stesso insegnamento dei principi del nutrizionismo animale, poi, dipende da facoltà a facoltà e, in verità, non è mai molto adeguato e manca di una formazione permanente per gli studenti.
Molti alimenti industriali sono fatti interamente di cereali che si utilizzano come fonte proteica ma sono privi di amminoacidi essenziali, come la lisina. L’industria farmaceutica cerca di supplire a questa mancanza attraverso il suo surrogato presente nella farina di carne, che viene miscelata con i cereali. La qualità di queste proteine lascia molto a desiderare, soprattutto in quanto a digeribilità: l’etichettatura non aiuta né il padrone ma neanche un nutrizionista a capire il valore proteico presente. Altro punto controverso è la mancanza di precisione nell’indicazione dei grassi, dei carboidrati minerali de delle vitamine.
I mangimi secchi per cani, dunque, contengono il 60% di cereali. Non che il cane sia un carnivoro, certo. A differenza del gatto, è un animale onnivoro ma non è certo strutturato per essere un vegetariano. L’eccesso di carboidrati e di lipidi solo in parte è digerito, sovraccaricando tutto l’apparato con un eccesso di fermentazioni che alterno la flora intestinale. Il risultato è la proliferazione della flora batterica, l’assorbimento di componenti tossici dall’intestino e l’aumento della flatulenza.
Cani e gatti sono capaci di assorbire solo alcuni amidi, come quelli del riso, mentre gli amidi del frumento, dei fagioli e dell’avena sono anzi dannosi per il loro organismo. Le patate, però, sono più digeribili se riscaldate. Bisogna tener presente che i cuccioli e i cani adulti non hanno alcun bisogno di carboidrati nella dieta: il saccarosio può essere aggiunto nei mangimi umidi come la melassa, la frutta e la verdura, ma né i cani né tanto meno i gatti hanno una quantità di saccarasi tali da sintetizzare questo zucchero oltre una certa soglia. La diarrea che ne consegue è di solito il prodotto della fermentazione dei carboidrati che producono acidi grassi in eccesso. Questi alterano la mucosa protettiva della parete intestinale rendendola permeabile a qualsiasi sostanza facendo impazzire gli anticorpi locali che danno reazioni allergiche per qualsiasi alimento non digerito.
La strada alle intolleranze in questo modo è aperta: le reazioni allergiche come le dermatiti, il vomito o la diarrea sono un fenomeno diffuso proprio per questo motivo.
Il pet food è da utilizzare con una certa diffidenza anche per tutta la “chimica” che si trova al suo interno, dai coloranti agli aromatizzanti passando per additivi e conservanti. I grassi, poi, utili per la palatabilità e l’assorbimento di vitamine liposolubili, sono letteralmente spruzzati sulle crocchette alla fine della lavorazione. Se la lavorazione non è ben fatta, diventano rancidi e bisogna nuovamente trattarli con sostanze dannose per gli animali.
È utile dunque essere al corrente del fatto che esistono delle ombre nella lavorazione di questi prodotti. Le ditte attente, che usano materiali di altissima qualità, esistono e spesso non sono quelle più famose e più pubblicizzate. Ogni proprietario di animali dovrebbe impegnarsi in una ricerca attenta in modo tale da trovare l’alimentazione più adatta per il suo cane in relazione alla razza, allo stato di salute e all’età.
Alcuni veterinari hanno lanciato un grido d’allarme per l’incremento delle allergie canine, dei tumori e dei disturbi della crescita. Paradossalmente, se vent’anni fa magari non c’era la stessa preparazione di oggi, l’alimentazione consigliata dai veterinari si basava su ingredienti più semplici e i tumori e le allergie non erano così diffusi. La medicina veterinaria fa passi da gigante, ma non sembra che l’alimentazione per animali riesca a mantenerne i ritmi, dal momento che ci si continua ad affidare – quasi a scatola chiusa – al pet food.