Come avviene negli esseri umani, anche nei cavalli ogni attività fisica si basa sulla conversione dell’energia chimica degli alimenti in energia meccanica utile al movimento dei muscoli e all’attività cerebrale.
L’energia necessita, quindi, di essere depositata per poi essere rilasciata quando se ne presenta il bisogno. Molte e diverse fra loro sono le forme di immagazzinamento di questa energia. Nel cavallo, in particolare, queste forme di deposito possono essere: il glicogeno muscolare, il glicogeno epatico, i trigliceridi ed il tessuto adiposo.
Il diretto fornitore di energia per la contrazione muscolare è l’adenosina trifosfato (o ATP) ovvero il composto ad alta energia richiesto dalla maggior parte delle reazioni metaboliche endoergoniche. L’ATP è una molecola scarsamente rappresentata dal punto di vista quantitativo nel muscolo e deve essere rigenerata di continuo. La fosfocreatina supporta l’immagazinamento vero e proprio essendo la molecola organica formata dall’unione tra creatina e un gruppo fosfato. Questa molecola, presente nei tessuti degli animali, soprattutto nei muscoli, agisce come accumulatore di energia. Tecnicamente, l’immagazzinamento effettivo avviene quando la fosfocreatina (o creatinfosfato) cede alla molecola di adenosinadifosfato (ADP) un gruppo fosfato che le mancava per divenire ATP. Quando viene formato il gruppo fosfato più ADP l’energia viene immagazzinata nei nuovi legami chimici divenendo ATP (la reazione endoergonica sarà la seguente: ADP + Pi + E => ATP).
L’ATP può essere formato anche dalla miochinasi un enzima presente nelle cellule del tessuto muscolare, che permette la formazione di una molecola di ATP, una di AMP e due di ADP (2 ADP => ATP + AMP). L’attività della miochinasi, che costituisce una reazione reversibile, è massima nel muscolo in contrazione e porta a una complessiva diminuzione della carica energetica con conseguente stimolo delle vie metaboliche che producono ATP.
Se per un esercizio fisico cui l’animale viene sottoposto, non c’è la giusta disponibilità di ossigeno, la fosforilazione (ovvero la reazione chimica che consiste nell’addizione di un gruppo di fosfato ad una proteina o ad un’altra molecola) avviene con la glicolisi anaerobica (o sistema anaerobico lattacido). La glicolisi, elemento centrale del metabolismo dei carboidrati, è usata da tutti i tessuti per demolire il glucosio al fine di ottenere energia sotto forma di ATP ma anche per ottenere intermedi destinati ad altre vie metaboliche. La glicolisi anaerobica avviene nelle cellule dotate di mitocondri e di un adeguato apporto di ossigeno. Quella anaerobica rappresenta l’idrolisi parziale del glucosio che, in assenza di ossigeno, si arresta in acido lattico il quale, se accumulato, può causare fatica muscolare. Le fibre muscolari interessate dall’acido lattico sono, per lo più, quelle di tipo II ricche di enzimi glicolitici e glicogeno. Gran parte dell’acido lattico viene ossidato direttamente nel muscolo per mezzo di fibre ricche di mitocondri ed enzimi ossidativi e vasi sanguigni estesi. Purtroppo, attraverso la glicolisi si producono solo due ATP per molecola di glucosio, vengono attaccate le scorte di glicogeno e, quando gli sforzi muscolari sono intensi, si accumulano anche dei cataboliti non facilmente eliminabili.
Anche la fosforilazione aerobica (o ossidativa) è una fonte di ATP per i muscoli e sfrutta l’energia derivante dall’ossidazione dei glucidi e dei lipidi. Si tratta della fase finale della respirazione cellulare dopo la glicolisi ed il ciclo di Krebs. Questo tipo di processo si realizza quando gli elettroni arrivano all’ossigeno, la catena di trasporto si interrompe per una frazione di tempo necessaria perché si realizzi il riequilibrio protonico. Infatti, dopo la variazione del pH e l’annullamento delle differenze di potenziale gli ioni H+ ritornano indietro attraverso il trasporto di una proteina canale. L’energia che si libera da queste reazioni viene incamerata dalla reazione ADP + Pi = ATP. In totale, tutta l’energia viene incamerata in 38 moli di ATP (in effetti 36, se consideriamo che due ATP servono all’inizio al processo gli colitico). Ma la fosforilazione ossidativa ha dei limiti, infatti, necessitando di un continuo apporto di ossigeno, non può fornire una prestazione massimale, cioè sforzi rapidi ed intensi. Però, con questa via metabolica, l’organismo può utilizzare come fonte energetica illimitatamente i trigliceridi. Pertanto il metabolismo energetico muscolare, preferisce la glicolisi anaerobica, rispetto al processo aerobico, a causa delle proporzioni assunte dai diversi tipi di fibre muscolari scheletriche. Da ricordare, infine, che le fibre muscolari sono già determinate geneticamente e non si modificano di molto con l’adattamento fisiologico. Infatti, il purosangue inglese ed il Quarter Horse (o Sprinter) hanno un numero di fibre muscolari nell’apparato locomotore, superiore agli altri cavalli e, per di più, posseggono una grande percentuale di fibre veloci, di tipo II.
Tali fibre si dividono in fibre IIB, adatte alla glicolisi, e IIA adatte a produrre energia dalla respirazione aerobica. Le IIB possono diventare simili alle IIA, cioè attivare l’ossidazione. Le fibre veloci possono anche, riducendo la velocità, ottenere una maggiore durata di contrazione, mentre una fibra lenta di tipo I non può assolutamente farlo. Quindi, con l’allenamento si possono incrementare le capacità metaboliche aerobiche, utilizzando adeguatamente le riserve di glicogeno e riducendo l’accumulo di sostanze di scarto. Così il muscolo utilizza una grande percentuale di lipidi conservando il glicogeno, riducendo la produzione di acido lattico.