Le sue dimensioni lo collocano al primo posto tra i cavalli più grandi del mondo: lo Shire può raggiungere i due metri di altezza e i dodici quintali di peso.
Nonostante il suo aspetto possente, è un cavallo dal carattere estremamente docile, che ha accompagnato la storia inglese a partire dal 18° secolo. Utilizzati da sempre in campagna, come sussidio al lavoro agreste, questi si dimostrarono capaci di supportare anche lavori ben più pesanti: con l’avvento della Rivoluzione Industriale, fu necessario per loro adeguarsi ai moderni processi produttivi.
Non fu per loro difficile diventare un saldo punto di riferimento per la comunità inglese, poiché, nonostante la loro natura gentile, e il loro passato fuori città, erano pur sempre quei cavalli da guerra tanto ammirati ai tempi di Cesare.
Nel Medioevo l’antenato dello Shire, rispondeva al nome di Old (English) Black Horse, ma veniva chiamato anche con altri appellativi quali ad esempio strong horse, war horse, o great horse, denominazioni che esaltavano la sua forte fisionomia.
Sulle origini vi sono varie scuole di pensiero, in quanto non esistono documenti scritti che le possano attestare o confermare.
Alcuni credono che le primissime notizie a riguardo si possano far risalire al 1154, anno in cui si svolse una fiera a Smithfield. Sembra che in seguito, durante il regno di Enrico II, e poi durante quello di re Giovanni, vennero importati alcuni stalloni provenienti dalle Fiandre e dall’Olanda.
Altri invece sostengono che fra i padri dello Shire ci fossero 12 stalloni lombardi, importati insieme ad altri 32 nel 1310 sotto Enrico II.
Quel che è certo, è che gli Inglesi se ne presero una gran cura, poiché ne apprezzavano le qualità fisiche e l’utilità, ma a partire dalla metà del XIII secolo, fu in parte sostituito a favore di cavalli più leggeri e agili. Con l’avvento di Enrico VIII che fu vietato, con una serie di leggi, l’allevamento di razze inferiore a circa 150 cm.
Elisabetta I, al contrario, scelse (e portò avanti la sua scelta per tutta la seconda parte del 1500) di preferire le grandi taglie, e proseguì con l’importazione di esemplari di importante stazza da Olanda, Germania, e Fiandre.
L’anno che segnò il favore assoluto per le specie di imponenti dimensioni e quindi soprattutto per il conosciuto cavallo nero appartenente a tempi remoti , fu il 1690, anno in cui partì il boom delle carrozze a molle. Proprio per il suo ruolo fondamentale nel traino delle carrozze fu soprannominato Cart Horse. Con l’avvento della seguente Rivoluzione Industriale, il supporto di questi animali divenne a dir poco necessario. La storia narrataci dall’ippologo Giacinto Fogliata (vedi “Tipi e razze Equine”,1910 – seconda edizione), vuole che sia stato l’agronomo Backewell, a riprendere i caratteri degli antichi cavalli neri da guerra, e a raffinarli attuando una selezione dei riproduttori come nessuno aveva fatto prima: facendo accoppiare i grandi stalloni con femmine di natura più armoniosa e dal carattere più deciso, riuscì a dar luce al più moderno Shire. La selezione ebbe come risultato quello di far accoppiare consanguinei, cavalli della nuova razza. Il suo nome derivava da “Shires”, le così chiamate conteee inglesi, che, secondo la teoria più accreditata, sono in particolar modo quella di Lincolnshire e Cambridgeshire. Quella dell’italiano Fogliata è una delle teorie maggiormente apprezzate dagli studiosi, sull’origine di quello che oggi chiamiamo Shire. Dopo la selezione operata da Beckewell, che eliminò rozzezza e fiacchezza nella razza, essa divenne, o meglio tornò ad essere, tra le più amate dal popolo inglese, il quale si fece accompagnare da essa sia nella vita quotidiana (principalmente per quanto riguarda il trasporto), che nei periodi di guerra.
Nell’epoca vittoriana, e di preciso tra il 1877, venne istituito lo Stud-Book, e nell’anno a seguire fu addirittura fondata la Shire Horse Society per gli allevatori. Questa associazione nel 1880 fu incoraggiata personalmente dal Principe di Galles, che sarebbe poi diventato re sotto il nome di Edoardo VII: grazie al suo supporto, in quell’anno, alla rassegna di Islington, gli allevatori presentarono circa 800 soggetti di competitiva purezza.
L’invenzione dei trasporti a motore, diede però filo da torcere a questa gloriosa razza. Se lo Shire, era riuscito a resistere, e anzi, a essere necessario, durante la Rivoluzione Industriale, non poteva però competere con i nuovi mezzi di trasporto. La società si stava evolvendo, e un cavallo portava via al suo padrone del tempo, che oramai non c’era più. Fu così che questi cavalli, come tutti i loro fratelli di altre razze, iniziarono a diminuire drasticamente, seppur il loro nome era sempre stimato dagli inglesi.
Con la Seconda Guerra Mondiale, le condizioni non migliorarono di certo: il popolo era straziato e povero, e non poteva occuparsi del preservare la razza, e ancor meno di selezionare i riproduttori.
La situazione migliorò solo nel 1950, quando la Shire Horse Society decise di riprendere in considerazione il suo beniamino: aggiungendo dei tratti del Clydesdale, lo Shire si adeguò un’altra volta ai tempi, e assunse linee più eleganti e raffinate, nonché un’ottima setosità del pelo. Da guerriero, e poi da necessario aiuto per l’uomo in pace e in guerra, lo Shire oggi si è trasformato in un onorevole simbolo per l’Inghilterra. Caratteristiche fondamentali sono, come ben si può dedurre, la sua eccezionale altezza al garrese, il collo piuttosto muscoloso, le spalle lunghe e inclinate, dorso lungo, ossa e piede forti e robusti, pelo lungo e abbondante, baio principalmente oscuro con macchie bianche (in alcuni casi il mantello può essere anche grigio o morello). In particolare il Marchese L. Stanga ci ricorda che lo stallone dovrebbe essere alto, con gambe larghe e massicce e possibilmente con osso piatto; avere testa mascolina e non simile a quella di un piccolo cavallo; possedere un mantello formato da peli folti e tendenzialmente lanosi in tutte le stagioni. L’esperto Stanga spiega che, a differenza dello stallone, la fattrice dovrebbe avere delle dimensioni minori, e quindi bacino profondo e coscia corte, per dare buoni risultati agli allevatori.
Una delle mostre che ha donato maggior splendore alla razza è quella di febbraio di Islington, l’Agricoltural Hall.
Sebbene esistano mezzi ben più sviluppati, questo cavallo, considerato il più grande del mondo, viene utilizzato soprattutto come ecologica alternativa nei Royal Parks, con il compito di trasportare persone, attrezzature e materiali, utili alla cura dei parchi. La regina Elisabetta II continua a presidiare la società nata sotto i suoi antenati, la Shire Horse Society, e a rivolgerne molte attenzioni. Ricordiamo che la razza è ampiamente utilizzata anche dalle fabbriche di birra per il trasporto, a fini promozionali, dei loro carri: lo Shire è spesso un vero e proprio testimonial di alcune ditte, in particolare in Germania e negli Stati Uniti d’America.
Per quanto riguarda l’Italia, ci si può attenere ancora una volta alle parole di Fogliata, che ci fa noto che alcuni soggetti furono importati nel nostro Paese, ma non ebbero grande successo considerato che le fattrici nostrane erano alte la metà e possedevano un peso esageratamente inferiore.